XXVII domenica del Tempo Ordinario

Mt 21, 33-43

«Nel bene e nel male, per possedere davvero ciò che abbiamo ereditato dai padri dobbiamo riconquistarlo» (Goethe).

Ciò che riceviamo in dono è solo promessa: sta a noi portarlo a compimento. E questo si chiama responsabilità.

Abbiamo la responsabilità di portare a fioritura il seme che siamo, come compiti da realizzare.

Non siamo stati creati, ma in continua creazione.

«Siate fecondi» è il primo ‘comando’ di Dio all’essere umano, secondo il mito di Genesi: partoritevi di nuovo, venite alla luce di voi stessi, perché non basta esser stati messi al mondo.

L’uomo Gesù ha compiuto un lungo viaggio per giungere a tutto questo, una vita intera. E quando ucciso e posto nella terra i più pensavano che tutto si sarebbe concluso, già il germoglio cominciava a prendere forma alle prime luci dell’alba.

Ma prima si scelse amici perché potessero portare un frutto che rimanesse per sempre (cfr. Gv 15, 16), ricordando loro che non si dà fioritura senza morte dell’io e del mio. Perché ha ragione Bobin quando scrive: «La mia vita fiorisce lontano da me».

‘Le cose che stanno alle nostre spalle o davanti a noi sono minuscole in confronto a ciò che dimora dentro di noi. E quando portiamo alla luce ciò che è dentro di noi, avvengono miracoli’. (Henry Stanley Haskins)

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