I domenica di Avvento. Anno C

Lc 21, 25-28.34-36

Avvento, tempo d’attesa.

Con “uno sguardo attento, in cui l’anima si svuota di contenuto proprio per accogliere in sé quella realtà che solo così essa vede nel suo aspetto vero” (Simone Weil). Questa attesa-attenzione suppone la fine di ogni nostro pregiudizio, desiderio, libertà da ogni opinione, e fine di ogni immaginazione riempitrice di vuoti.

Tempo di fede, ovvero apertura tale da non prevedere nulla se non l’imprevedibile e da non attendere niente se non l’insperato.

«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano …» (v. 34). Un cuore appesantito, ossia ingombro d’altro, non può far spazio all’Altro che desidera compiersi in noi.

Il contrario di ‘appesantito’ non è ‘leggero’ ma ‘vuoto’, ossia libero da pensieri, immagini, attese, libero dal veleno del desiderio e dell’avversione. Un cuore giunto allo ‘stato di quiete’ per aver mollato la presa ed essere finalmente libero e aperto all’accadere di ciò che deve accadere.

È interessante che Gesù faccia riferimento in particolare a tre possibili malattie del cuore: la dissipazione, l’ubriachezza e l‘affanno (v. 34).

‘Dissipare’ significa disperdere, svanire, rendere inconsistente. C’è il rischio di vivere come fumo, nebbia, in maniera inconsistente appunto, e al primo bagliore del sole costatare che di tutto ciò che si pensava si fosse edificato, non rimane nulla.

‘Vivere da ubriachi’ significa consumare i giorni nell’inconsapevolezza, lasciar accadere le cose senza viverle veramente, mai ‘in sé’, non da protagonisti avendo delegato ad altri il mestiere di vivere.

‘Affannarsi’ poi, è come correre a perdifiato, in continua agitazione, sempre alla ricerca di qualcosa, di una meta, di un orizzonte che – come in un incubo – è destinato a rimanere sempre aldilà, irraggiungibile.

L’Avvento è invito a fermarsi, o perlomeno a rallentare.

La tradizione orientale ci ricorda: «Rimani fermo, e ciò che è destinato a te ti raggiungerà»; «Quando vai nello spazio del nulla, tutto diventa noto».

Avvento come tempo di attesa dunque ma soprattutto di purificazione. Purificarsi soprattutto dalle immagini di Dio che ci portiamo dentro, perché egli è e sarà sempre al di là di ciò che possiamo immaginare e pensare, e potrà farci visita nella misura in cui cessiamo di immaginarlo e cercarlo.

«Dio è una negazione della negazione», dice Meister Eckhart. Va negato come oggetto ‘altro da noi’, perché possa manifestarsi come lo Spirito vivente in noi.

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